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3 attività creative per riflettere sull’essere un genitore – 1 anno di BLOG !

Il 30 luglio 2018 ho pubblicato i miei primi articoli e iniziato un’esperienza di condivisione che mi ha cambiato. Prendere del tempo per guardare quello che mi era successo è stata, in primis, un’attività quasi terapeutica. A cosa serve riflettere all’essere genitore? In che modo la creatività può aiutarti a costruire il rapporto coi tuoi figli? Magari anche quando non ti consideri per niente una persona creativa.. Vedrai, è divertente!

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Creativo, io? Foto di Alice Achterhof su Unsplash

Essere genitore prima di scrivere sul blog

A me capitava spesso di rientrare a casa dall’ufficio di corsa. Ci sdraiavamo per terra per giocare, i bambini pieni di quel bisogno entusiastico che hanno di vederci, sentirci vicini.

A volte mi arrabbiavo.

A volte non sapevo come reagire per farmi ascoltare.

Ma ho dimenticato la maggior parte dei dettagli. È come se ci fossero tante scene un po’ sfocate sullo sfondo, e qualche dettaglio più luminoso. Come nelle foto che ti vengono male, e che poi ti dispiace perché sai che il momento è perso.

Mi ricordo, ad esempio, il conforto che provavo nell’abbracciare mia figlia, quando avevo passato una brutta giornata in ufficio.

Ricordo anche quando ho cambiato lavoro, l’eccitazione e la gioia di una nuova avventura: quando mi hanno telefonato per annunciarmelo, mi ero chiusa in cucina, e mia figlia piangeva dall’altra parte della porta, perché voleva raggiungermi. Era in braccio a papà che mi sorrideva quando sono uscita per dare la notizia.

C’erano ondate di gioia, entusiasmo, frustrazione, incomprensione, rifiuto, rigidità..

La mia terapia era la bici. Sempre, mentre andavo o tornavo dal lavoro, mentre pedalavo rimuginavo sulle frasi dette, sul carattere di mia figlia, sul mio voler stare con lei, su come fare a capirla, a capirmi.

Tutto un riflettere sul mio essere genitore, il peso del ruolo, il come assolverlo, come conciliare questo nuovo aspetto con il resto della mia vita.

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Perché scrivere aiuta a prendere la distanza che serve per riflettere sull’essere genitore

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Foto di Tim Gouw su Unsplash

Vedevo, naturalmente, altri genitori destreggiarsi con gli stessi problemi.

Il bello del mal comune mezzo gaudio, è che il problema diventa normale. Solo che questa normalità fa un po’ da anestetizzante, e uno smette di lottare per trovare la soluzione.

Non voglio ripercorrere i motivi che mi hanno portato a iniziare il blog; quelli li trovate nella pagina corrispondente.

Scrivere mi ha aiutato a smettere di far girare i miei pensieri in spirali senza capo né coda, e a dare un senso alle mie osservazioni.

E se questo è un elemento mio personale, forse c’è qualcosa che può aiutare anche te a ritrovare leggerezza e la giusta distanza ai piccoli e grandi problemi che ti prendono in contropiede.

Cosa mi ha insegnato un anno di blog sull’essere un genitore

  1. Per ogni problema c’è una soluzione, che spesso è semplice ed evidente ma necessita di cambiare punto di vista;

  2. quando riesci a mettere da parte i pregiudizi, scopri che da chiunque hai qualcosa da imparare;

  3. il tempo è sempre relativo: saper rallentare a volte ci fa guadagnare più tempo di quello che pensavamo aver perso;

  4. per ricordare bisogna ascoltare; e per ascoltare davvero bisogna interrompere la voce nella nostra testa che tende ad anticipare quello che l’altro sta per dire;

  5. rabbia, frustrazione, inquietudine.. se pensiamo e ripensiamo all’episodio che le ha generate, non facciamo che attizzarle come il fuoco. Posarle da qualche parte per poi tornarci su quando ci siamo calmati permette di andare più in profondità;

  6. dietro la rabbia per qualcosa che i nostri figli hanno fatto, si nasconde spesso un’emozione primaria che non vogliamo vedere: paura? tristezza? Per scoprirlo, bisogna accettare che arrabbiarsi è una scelta non obbligata che dipende da noi, non dai bambini;

  7. mettere le cose sul ridere di solito aiuta.

Quali vantaggi a usare la creatività per migliorare la relazione coi tuoi figli?

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La libertà della creatività
Foto di Alexander Dummer su Unsplash

Più osservo i bambini, e più mi accorgo che tutti noi abbiamo una parte creativa. In alcuni è più evidente, naturalmente. Ma tutti abbiamo un qualcosa che ci fa vibrare di entusiasmo, un’immagine che ci mette in movimento, che non è guidata da una logica o un pensiero puramente razionale.

Il vantaggio dell’attingere a questa parte creativa è che è piacevole. Dà energia e una gran soddisfazione, indipendentemente dal risultato.

Inoltre, proprio perché spontanea, va a pescare nel nostro incosciente e permette di portare a galla aspetti nascosti, che poi ci permettono di vedere in una luce diversa l’accaduto anche quando usiamo le lenti della razionalità.

È un esercizio, un allenamento. Ma ho riscontrato che la sua regolarità alleggerisce i problemi; ci rende, in parole povere e molto concrete, più sereni. Vuoi provare?

Le 3 attività creative che ti aiuteranno a riflettere sul tuo essere genitore

Ho scoperto che riflettere alle sfide dell’essere genitore è soprattutto un ripensare se stessi, che spesso e volentieri non è per niente facile.

L’ideale, secondo lo psichiatra infantile Daniel J. Siegel, è cercare delle attività che attingano a entrambi gli emisferi del nostro cervello..

In altre parole: l’ideale è provare tutte e 3 le attività, e mescolarle andando a cercare quello che ti piace di più.

#1: Scrivere e tenere un diario

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Scrivere, scrivere, scrivere ancora
Foto di Thom Holmes su Unsplash

La scrittura quotidiana ha virtù terapeutiche, sono in tanti ormai a sostenerlo.

Serve a imbrigliare i pensieri negativi su di sé per dirigerli in maniera più sana; a sentirsi più felici e soddisfatti, quando ci si concentra “sulle cose belle”.

Martin Seligman, il papà della psicologia positiva, ha guidato diverse ricerche che hanno portato alla stessa conclusione: scrivere fa bene, in alcuni casi fa pure meglio!

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#2: Fare foto che raccontino una storia visiva

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L’aspetto inatteso delle foto

Da quando scrivo, ho iniziato a scattare un sacco di foto; a guardare ai dettagli, alle sfumature, alle sensazioni dei colori.

A che serve, mi dirai tu?

Intanto, le immagini servono a “completare” le parole scritte perché richiamano il modo di processare le informazioni tipico dell’emisfero destro; laddove la scrittura si richiama fortemente all’emisfero sinistro.

C’è di più. Non cercare le foto “di posa”, quelle in cui siete tutti in posizione ufficiale col sorriso.

Nel fare la tua storia visiva, cerca di scattare delle foto naturali, quelle in cui un bambino corre con il ghigno di chi sa di averla combinata grossa mentre il papà alza il dito con la fronte corrugata.

Vederti in una situazione “normale” coi bambini ti aiuterà a individuare certe posture, certi gesti; a notare il tuo linguaggio del corpo. Questo può darti delle indicazioni utili su come ti poni involontariamente davanti ai tuoi figli.

In Inghilterra usano addirittura il video per delle sequenze di terapia genitori-figli.

Mentre il genitore e il bambino giocano, il terapeuta li filma. Poi prende fotogramma per fotogramma, e mostra al genitore certe espressioni significative.

E apparentemente è molto utile, soprattutto per instaurare un rapporto i primi mesi di vita, quando il genitore ha difficoltà a interpretare correttamente i segnali non verbali del neonato e a rispondervi adeguatamente..

Non c’è bisogno di andare così sul tecnico eh?!

Ma prova a creare un album di foto che racconti il vostro quotidiano. Non c’è una ricetta precisa da seguire, se non quella di seguire l’istinto e divertirti!

#3: Il collage di immagini e parole per visualizzare

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Foto di Nicole Honeywill su Unsplash

Quest’ultima attività riassume le prime due, e si applica alla perfezione se non ti piace l’idea di lavorare con le vostre vere foto, o se non ami scrivere.

Prima di buttare via le riviste una volta che le hai lette, pensa a un episodio recente e passato significativo.

Cerca immagini e singole parole che lo descrivano, e fai il tuo collage, che sia sotto forma di poster, di libro, di disegno.. poco importa.

Se riesci a dare una regolarità all’esercizio, può diventare un libro di famiglia da condividere coi bambini; oppure può essere l’equivalente di un diario segreto.

O, ancora, puoi anche decidere di buttar via ogni volta la tua realizzazione.

Quello che ti servirà è il ricercare le sensazioni e le emozioni attraverso la carta; l’esercizio terapeutico sta tutto là.

Fonti, riferimenti, approfondimenti

Qual è la tua attività creativa che ti aiuta a riflettere di più e a vederci chiaro? Puoi raccontarlo nei commenti!

Più in basso, troverai invece un elenco di siti e articoli consigliati o da cui mi sono ispirata.

La biblioteca di riferimento

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  • Se riflettere sulla tua interiorità e quello che ti accade fa parte del tuo essere genitore nel quotidiano, ti consiglio caldamente questo libro di Daniel J. Siegel: approfondisce il ruolo delle nostre prime relazioni nel forgiare le nostre reazioni automatiche, e guida a come dar loro un senso e  invertire la rotta.

  • Il padre della psicologia positiva si considera un pessimista.. è il colmo ma la sua auto-ironia rende la lettura dei suoi libri un vero piacere, se vuoi approfondire il tema di come la creatività (tra le altre cose) ci rendono migliore la vita.

  • Qual è il valore terapeutico della creatività? Ce lo spiega l’arte-terapeuta Alexandra Karlsdorf

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