Si parla sempre più dell’intelligenza emotiva, della sua importanza addirittura superiore alle competenze tecniche e all’intelligenza “accademica” per “riuscire nella vita”. Ma cosa vuol dire esattamente intelligenza emotiva, e qual è il segreto per insegnarla ai nostri bambini, in modo che abbiano “una marcia in più?
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Intelligenza Emotiva e vita quotidiana, il nesso?
Mia figlia voleva mangiare un gelato. “Sono triste mamma!” mi ha detto al telefono. “Vorrei proprio mangiare un gelato! Perché non posso?”
Sono una mamma insensibile e crudele?
Capita anche a te di sentirti in colpa? Di sentire talmente tanta empatia e compassione, da finire con il cedere?
“Che sarà mai, è solo un gelato..”
Non questa volta. Avevamo già stabilito una regola.
“Puoi mangiare il gelato 3 volte a settimana mentre sei in vacanza, scegli tu quando ma non più di 3 volte in tutto.”
E ovviamente, al quarto giorno, dopo 3 giorni e 3 gelati, è arrivato il momento che doveva arrivare.
Quel momento è critico. Il nostro primo impulso è scacciare la tristezza del bambino, vogliamo consolarlo, e se non ci riusciamo, perdiamo la pazienza.
“Basta piangere adesso! Non si piange così tanto per un gelato su, lo mangerai domani!”
E se, così facendo, perdessimo un’occasione importante?
Ti starai chiedendo: “Clio, che c’entra tutto questo con lo sviluppo dell’intelligenza emotiva dei bambini? A me pare che qui ci stai parlando di come gestire i capricci..!”
Un po’ di pazienza e ti spiego non solo dov’è il nesso; ma anche il segreto per coltivare l’intelligenza emotiva: la nostra e quella dei nostri bambini.
Stessa circostanza, impatto diverso. A cambiare è la diversa intelligenza emotiva
Facciamo un passo indietro. Prova a pensare a un momento difficile che hai dovuto affrontare nella vita. Cosa ti viene in mente?
Probabilmente, questo “brutto momento” ha a che fare con la tua reazione a un evento. Mi spiego meglio.
Prendiamo il caso di un licenziamento.
Questo evento ci presenta con una difficoltà evidente: quella di dover cercare un nuovo lavoro, più o meno rapidamente in base alle nostre circostanze personali.
A parità di circostanze esterne, ci potrebbe essere una persona A che, superata la delusione e la paura per il futuro, si dice:
“È l’occasione per trovare un lavoro più in linea con quello che vorrei io. Certamente incontrerò degli ostacoli, dovrò rivedere il curriculum, magari cercare qualche formazione, stringere la cinghia per un po’.. Ma sono sicuro che ne uscirà qualcosa di buono.”
E ci potrebbe anche essere una persona B che, invece, ha un discorso interiore molto diverso:
“Sono un fallimento. Non ne combino mai una giusta. Come farò a trovare un altro lavoro alla mia età, e dopo un licenziamento? Cosa penserà la gente?”
Possiamo essere certi che, a causa del loro discorso interiore, anche l’intensità delle emozioni provate e la percezione del problema sarà molto diversa per A e B.
A posteriori, il ricordo che avranno di questo evento sarà marcato in modo diverso. Anche a parità di situazione.
Probabilmente, da genitori, vorremmo insegnare ai nostri figli a reagire a un evento potenzialmente difficile più come A che come B, giusto?
Ed ecco che entra in gioco la famosa intelligenza emotiva.
Che cos’è l’Intelligenza Emotiva, e perché insegnarla ai bambini?
Di intelligenza emotiva si parla sempre più spesso; si dice che sia perfino più importante che avere competenze tecniche e intelligenza “accademica” per “riuscire nella vita”.
Ma cosa vuol dire esattamente intelligenza emotiva, e qual è il segreto per insegnarla ai nostri bambini, in modo che abbiano “una marcia in più?
Secondo i due ricercatori Peter Salavoy e John Mayer che hanno coniato per primi il termine poi reso popolare da Dan Goleman, l’intelligenza emotiva è la capacità di:
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riconoscere, capire e gestire le nostre emozioni;
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riconoscere, capire e influenzare le emozioni altrui;
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essere consapevoli del fatto che le nostre emozioni guidano il nostro comportamento e hanno un impatto sugli altri;
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imparare a coordinare consapevolmente questo legame tra pensieri, emozioni e azioni, soprattutto quando siamo sotto stress (cioè quando la nostra capacità a razionalizzare, vedere le cose in prospettiva, mettersi nei panni altrui è almeno parzialmente inibita).
Mi viene da riassumere tutto questo così:
L’intelligenza emotiva è la capacità di restare in ascolto, di noi stessi e degli altri.
Esploriamo allora qualche pista concreta.
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Allenare la nostra intelligenza emotiva per insegnarla ai nostri bambini
Alla base di qualsiasi apprendimento, c’è l’esempio, l’osservazione. Se vogliamo insegnare l’intelligenza emotiva ai nostri figli, il primo passo è allenare la nostra. In casa, in famiglia.
Ti propongo un piccolo esperimento: prova a osservarti nelle prossime 24 ore, e a vedere quanto riesci effettivamente a essere in ascolto delle tue emozioni da un lato, e dei tuoi bambini dall’altro.
La cosa più difficile è continuare ad ascoltare anche quando non ci piace quello che sentiamo..
Per esempio.
è fortissima la mia tentazione di interrompere mia figlia quando fa o dice qualcosa che secondo me rispecchia un comportamento che non mi piace; le faccio “la lezioncina”, le dico cosa fare invece. Pretendo pure che mi ascolti, anche se le ho appena dimostrato di non essere in grado di ascoltarla.
Poi ci sono tutte le volte in cui cerco di scacciare un senso di colpa o un momento di tristezza, di abbattimento, di rabbia.
Faccio resistenza dicendomi che “è assurdo” sentirsi in colpa/tristi/arrabbiati/ per un motivo del genere! Non mi lascio il tempo di sentire, di restare in ascolto.
Ma come facciamo a diventare più consapevoli delle nostre azioni e a dare il buon esempio ai bambini se non siamo capaci di ascoltare?
Primo passo per l’intelligenza emotiva: lasciamo che i nostri bambini sperimentino anche le emozioni difficili
Si tratta, in buona sostanza, di imparare a sentire anche le cose scomode. Anche i sentimenti duri, le zone d’ombra.
Di lasciare che i nostri figli possano sperimentarle, sguazzarci dentro per un po’, perché anche loro imparino a conviverci in qualche modo.
“Non consentire ai nostri bambini di sperimentare emozioni difficili mina nel tempo la loro resilienza, il loro benessere e la loro felicità.” (Susan David)
Pensa a come si fa con lo sport: prima ci si allena in sicurezza, nella palestra o nel campo vicino casa, con un gruppo di amici e compagni, con un allenatore che ci guida.
Solo dopo un bel numero di allenamenti e prove in un contesto sicuro e familiare, iniziamo a partecipare a qualche gara con altre scuole; e dopo un bel po’ di gare amichevoli, siamo poi in grado di restare calmi e concentrati anche durante una grande competizione importante in pubblico.
Con le emozioni (e quasi tutto in realtà nella vita) è un po’ la stessa cosa.
È impossibile immaginare una vita senza una qualche delusione, fallimento, rifiuto, giusto? Sarà molto più facile affrontare la grande delusione amorosa o il fallimento di un grande progetto se durante la nostra infanzia ci è stato permesso di sperimentare piccole delusioni e rifiuti, in un contesto sicuro e accogliente.
Secondo passo per l’intelligenza emotiva: impariamo ad ascoltare
Vediamo come fare ad allenarci ad accogliere e ad ascoltare le nostre emozioni, per poter accogliere quelle dei bambini in modo da accompagnarli a sviluppare questa capacità di ascolto così importante.
Innanzitutto, perché accettare di sguazzare anche nelle emozioni più dure? Non sarebbe più semplice cercare di dimenticare e passare oltre?
Da un punto di vista evolutivo, le emozioni sono tutte utili, per comunicare con il nostro prossimo e per capire noi stessi.
L’emozione è un segnale per indicarci qualcosa di importante.
Come faremmo a difenderci se non esistessero rabbia e paura?
C’è di più.
Immagina di sentire musica ad alto volume alle 2 di notte.
Potresti pensare:
a) “Non si può dormire così! Domani devo svegliarmi presto ! Che maleducati!”
b) “Si stanno divertendo, beati loro”
Nel caso di a, potrà seguire rabbia, impotenza, anche angoscia all’idea di non dormire; nel caso di b, potrebbe essere invidia, gratitudine all’idea di aver vissuto momenti simili, rimpianto eccetera.
A potrebbe alzarsi furioso e andare a citofonare ai vicini in pigiama minacciando di chiamare i carabinieri, mentre b potrebbe decidere fin dal mattino di organizzare anche lui una festa in ricordo dei bei vecchi tempi.
La chiave di lettura è nella differenza tra il rendersi conto di questi meccanismi interni, e invece viverli inconsciamente, agire d’impulso o impedirsi di ascoltare le implicazioni di questi meccanismi.
È un peccato perché passiamo dal poter scegliere consapevolmente, rendendoci conto di cosa è davvero importante per noi, a subire.
Solo se ce ne rendiamo conto, possiamo lasciare uno spazio vuoto tra il momento in cui riceviamo dei segnali dall’esterno (la musica nel sonno), li rielaboriamo in un pensiero (a o b), sentiamo un’emozione; e il momento in cui agiamo.
3 Esercizi per la nostra intelligenza emotiva
Ecco 3 piste da provare per allenarci a metterci in pausa.
Pista 1 – osservare le emozioni
La nostra tendenza è etichettare quello che sentiamo come “buono” o “cattivo”. Spesso e volentieri giudichiamo l’emozione in base alla circostanza, e magari facciamo resistenza.
Per esempio a avrebbe potuto dirsi “Sono una brutta persona ad arrabbiarmi per così poco” e quindi aggiungere alla scomodità della rabbia, anche quella del senso di colpa.
Qualsiasi sia l’emozione, il primo passo è accettarla per quello che è. Osservarla in noi e chiederci cosa ci vuole dire.
Pista 2 – l’emozione come informazione
Il secondo passo è trattare l’emozione come un’informazione utile, e smetterla di identificarci con essa.
Pensaci: quando stiamo davvero bene, siamo felici, ci sentiamo in armonia con il mondo, quasi diamo per scontato questo benessere.
Viceversa, quando viviamo un momento di difficoltà, vorremmo liberarcene immediatamente e talvolta ce ne lasciamo sopraffare, dimenticando che in fondo qualsiasi emozione è passeggera.
Per aiutarci a prendere le emozioni come informazioni utili e non come un pezzo della nostra identità permanente, un esercizio interessante (utilissimo tra l’altro da fare coi bambini) è quello di fare attenzione al modo in cui le esprimiamo verbalmente.
Senti la differenza tra
“sono triste” (mi identifico in modo indeterminato e definito con l’emozione)
e
“Sento che in me ora c’è della tristezza”
(riconosco lo stato passeggero dell’emozione).
Nel secondo esempio, questo modo di esprimerci ci aiuta a prendere della distanza e contemporaneamente a restare in ascolto.
Pista 3 – entriamo nel dettaglio
Approfondiamo il nostro vocabolario emotivo.
Siamo spesso molto generici nel definire come ci sentiamo: arrabbiato può declinarsi in minacciato, sfidato, vendicativo, offeso;
Frustrato diventa irritato, infastidito, impotente;
Felice è sereno, entusiasta, gioioso, grato.. e così via.
Essere più precisi aiuta il cervello a capire le cause dietro le emozioni e automaticamente a volgere lo sguardo su “soluzione” anziché “problema”; e anche ad assumere una postura più compassionevole verso noi stessi, fondamentale per fare dei nostri errori delle occasioni per migliorarci.
L’intelligenza emotiva quando siamo coi nostri bambini
Torniamo allora ai nostri bambini. Ricordi la scena del gelato di cui parlavo all’inizio? Della tentazione a cedere per alleviare mia figlia dal peso della tristezza?
Ho scelto di non cedere. E di ascoltare la sua tristezza. L’ho lasciata parlare, esprimere il suo sentimento di ingiustizia, cercando di manifestarle contemporaneamente la mia comprensione.
Mi dispiaceva che fosse triste. Ma, finalmente dopo anni di sensi di colpa, ero anche sicura che non fosse, in quel momento, mia responsabilità toglierle quella tristezza.
Per tanto tempo, la mia reazione sarebbe stata diversa.
Inizialmente avrei mostrato tentennamento. Un’ombra di dubbio. “Ma forse.. se poi mangiamo meno domani.. per questa volta…”
Mia figlia avrebbe colto la mia esitazione, e avrebbe provato a rincarare la dose.
Avrei allora cercato o il supporto del papà, lasciando a lui la palla, e quindi rinunciando completamente alla mia autorevolezza, oppure avrei insistito e mi sarei arrabbiata per le sue insistenze.
Perché le sue insistenze, i suoi pianti, le sue urla.. quelli non li volevo sentire.
Mi avrebbero fatto sentire in colpa, inadeguata. Naturalmente avrei cercato di razionalizzare: “va bene dire che sei arrabbiata con la mia decisione, però dopo un po’ basta! Se vuoi piangere, vai in camera”.
Mancando quindi completamente la parte di ascolto. Non proprio un esempio di intelligenza emotiva da parte mia, ma per fortuna che esercitandoci un passo alla volta si migliora!
L’ascolto empatico come chiave per sviluppare l’intelligenza emotiva
Come si fa a trovare questa postura di ascolto empatico?
Ti suggerisco di cominciare da questo esercizio di disciplina positiva, è davvero una bussola.
Prendi carta e penna. Chiudi gli occhi un istante e sentiti come in una di quelle giornate di vacanza in cui piove, i bambini piagnucolano, si irritano a vicenda, non ci pensano nemmeno a fare il riposino pomeridiano, rovesciano il succo a terra almeno 3 o 4 volte, litigano violentemente tra loro, rifiutano di dare una mano in casa; insomma, metti il tuo scenario apocalittico per eccellenza.
Tra l’altro, questa cosa di immaginare scenari difficili e paurosi è un allenamento cerebrale utilissimo.
Immagina di mangiare un limone asprissimo.
Vedi che ti viene subito da fare una smorfia?
Ecco, il nostro cervello ha quella capacità là, di attivare neuroni e connessioni anche quando immaginiamo qualcosa.
Il vantaggio di immaginarsi gli scenari apocalittici è che ci allena a reagire senza che ci siano le conseguenze di una scena reale, insomma ci si può esercitare a reagire correttamente e nel mentre il cervello crea nuove connessioni.
Ma sto divagando.
Vorrei che facessi una lista di tutti quei comportamenti dei tuoi bambini che ti danno sui nervi.
Adesso prendi un secondo foglio.
Immagina invece tuo figlio o tua figlia tra qualche anno, diciamo che ne ha 25, è andata ad abitare fuori casa, e per la prima volta ti fa una visita a sorpresa.
Chi vorresti vedere? Che caratteristiche vorresti che avesse questa persona, quali valori, quali capacità?
Elencali tutti.
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Il Grande Segreto per Sviluppare l’Intelligenza Emotiva dei nostri Bambini
I comportamenti difficili che hai stilato nel primo foglio sono, in realtà, delle opportunità incredibili per insegnare ai tuoi bambini una delle competenze che ti sei segnato nella parte due.
Fare questo collegamento e questo passo indietro aiuta tantissimo a .. vedere la figura d’insieme.
Adesso che hai la giusta distanza, puoi andare fino in fondo senza lasciarti invadere.
Puoi negare il gelato e ascoltare il pianto senza sentirti invadere dalle emozioni del tuo bambino, e lasciandogli lo spazio necessario per sentirle e viverle. L’allenamento di cui parlavamo prima.
Se ci manca il legame con la figura d’insieme, con quello che vogliamo insegnare ai nostri bambini, e non abbiamo imparato ad ascoltare e prendere la giusta distanza, è più difficile non farci invadere.
Questo, per me, è il grande segreto per far sviluppare l’intelligenza emotiva nei nostri bambini: imparare ad ascoltare davvero.
Fonti, riferimenti, approfondimenti
Ecco un elenco di siti, libri e articoli consigliati o da cui mi sono ispirata!
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L’intervista di Janet Lansbury a Susan David
- Il libro di Susan David sull’agilità emotiva: “Agilità emotiva. Non restare bloccato, accogli il cambiamento e prospera nella vita e nel lavoro“
- Per allenarci a mettere in pratica l’intelligenza emotiva coi nostri bambini, “Intelligenza emotiva per un figlio. Una guida per i genitori ” di John Gottman
- Lo sviluppo dell’intelligenza emotiva spiegata dalla rivista UPPA
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