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Come aiutare i nostri figli a scegliere gli amici

“I miei figli si lamentano di non avere amici. Come faccio ad aiutarli?” Farsi degli amici non è sempre facile. Come aiutare i nostri figli a scegliere i loro amici? Dobbiamo intervenire nella vita sociale dei nostri figli? È bello quando i nostri figli tendono a scegliere amici con i cui genitori noi andiamo d’accordo, che hanno una buona influenza. Ma come fare se ci sembra che i nostri bambini siano timidi o troppo estroversi, per non parlare di quando ci portano a casa degli amici che proprio non riusciamo a mandare giù? Indaghiamo!

Perché vorremmo poter scegliere noi gli amici dei nostri figli

“Mamma, non so se loro sono mie amiche. Ogni tanto quando chiedo se possiamo giocare insieme, mi mandano via!” Mia figlia che ama vincere, che trova difficile scendere a compromessi (ma per chi è facile?). Vedo benissimo i due lati della medaglia: i tentativi a volte goffi, a volte spigolosi di mia figlia, e anche la difficile sensazione di rifiuto e isolamento quando “tutti quanti giocano insieme, e non c’è nessuno che aspetta me“.

Il mio cuore fa l’altalena: “Per forza che nessuno gioca, se non vuoi mai fare anche i giochi che propongono gli altri!” e “Povera bimba mia, ci sono qui io a proteggerti”.

La sua esperienza come uno specchio della mia. La sua potrebbe essere solo una frase di bambina, in una fase in cui gli amici possono anche durare un giorno; ma io sono portata a leggervi qualcos’altro, il riflesso di un sentimento di rifiuto passato, e anche, se scavo fino in fondo, di una mia mancanza come genitore.

Perché insomma, mia figlia è comunque mia figlia; come non ammettere che è gratificante anche per me immaginarla circondata di persone che la approvano e le vogliono bene?

Sentire questa mia mancanza è piuttosto scomodo, e per capirla fino in fondo devo combattere contro l’impulso di scacciarla troppo in fretta.
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Il cambio di prospettiva: perché è importante non intervenire (e quando invece è bene farlo)

Sai quando ti spremi le meningi per cercare la soluzione di un’enigma, e provi già quel sottile piacere d’anticipazione di quando la troverai e andrai e vedere in quarta di copertina se era la risposta esatta?
Ma mentre senti che dentro la tua mente si stanno finalmente unendo tutti i puntini, l’amico ti dà la soluzione. Piacere evaporato in un istante. (Se ti piacciono gli enigmi, naturalmente.)
La soddisfazione non nasce dall’avere la risposta, ma dall’essere riusciti a trovarla, a superare una prova.
Ecco, con i nostri figli in crescita è un po’ la stessa cosa. Tante volte noi l’abbiamo, la soluzione ai loro piccoli e grandi enigmi della vita.

Noi sappiamo già allacciarci le scarpe, tenere correttamente una penna e anche chiedere il contatto whatsapp della collega simpatica con cui passiamo delle piacevoli pause pranzo.
Quante volte, vedendo i nostri bimbi esitare, fare una pausa, guardarci incerti, piangere di paura o delusione, abbiamo l’istinto di intervenire noi al posto loro?
Ti allaccio io le scarpe così facciamo prima.
Te lo scrivo io il biglietto per la maestra.
Fammi vedere la bimba che ti sta simpatica che le chiedo chi è sua mamma e la invitiamo a casa.

Ora, non sto dicendo che sia sbagliato fare una di queste cose; come spesso capita, quello che conta è l’intenzione.
I nostri figli hanno bisogno di piccole sfide di difficoltà graduale e adatta alle loro capacità per crescere sviluppando una sana autostima e fiducia nelle loro capacità.
(Perché non c’è gusto se la soluzione te la dà un altro, giusto?)
Tanto più che a volte, ci sono delle circostanze su cui non abbiamo margine di intervento.

Il cambio di prospettiva interessante quando si tratta di aiutare i nostri figli a scegliere i loro amici

Dimentichiamoci il “come faccio per togliere questa difficoltà dal cammino di mio figlio”? ma chiediamoci piuttosto “cosa può insegnargli il fatto di dover far fronte a questa sfida, quali competenze potrà acquisire, e come posso accompagnarlo per fornirgli le capacità o il sostegno che ancora gli mancano?”

Più leggo biografie di personalità eccezionali, e più noto quanto le loro vite sono state marcate da difficoltà altrettanto eccezionali; e che la spinta a superarle è stata anche il motore necessario a sviluppare delle capacità straordinarie.

Certo non vogliamo andarci a cercare le sfortune; però a volte le circostanze non sono quelle che vorremmo, e se riusciamo a trasformarle in opportunità e punti di forza, è tutta un’altra storia!

Ascoltare e osservare senza “dare la soluzione”, incarnare la fiducia nei nostri bambini a trovare le risorse che servono anziché intervenire noi direttamente presenta almeno due notevoli vantaggi:

  1. fa passare il messaggio: “so che saprai cavartela”, anziché l’inconsapevole “non posso farcela da solo. Mia mamma deve sempre fare al posto mio perché da solo non riesco.”
  2. ci fa risparmiare un sacco di energia, il che non guasta mai!

Restare in osservazione e in ascolto ci permette anche di prestare attenzione a eventuali campanelli d’allarme – quelle situazioni che non sono più tanto normali, e in cui invece è necessario intervenire:
Bullismo, abusi (sessuali e non), violenza, per citarne alcuni.
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Prevenire: Parlare di amicizia per aiutare i nostri figli a scegliere gli amici

Come si traduce questo cambio di prospettiva nella vita di tutti i giorni? Ok non intervenire nel come e quando i nostri figli vogliono scegliere i loro amici, ma davvero dovremmo giusto far finta di niente?
Sono convinta che quando si tratta di educazione, la chiave sia cercare di prestare attenzione ai quei dettagli che possiamo inserire nella vita di tutti i giorni, che poi ci aiutano a limitare crisi e problemi.
Anche nel caso delle amicizie dei nostri figli possiamo “fare prevenzione”:

  • dando l’esempio
  • creando occasioni di dialogo intorno al tema
  • facilitando le relazioni sociali dei nostri bambini

Vediamo nel dettaglio cosa intendo.
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Dare l’esempio

Questa credo che sia allo stesso tempo la cosa più semplice e più difficile dell’essere genitori.
Tutti noi impariamo guardando gli altri e tendiamo a imitare chi abbiamo di fronte.

Proprio recentemente ho sperimentato quanto sia difficile, tanto per dirne una, tenere la mascherina quando tutti gli altri presenti non ce l’hanno.

A volte, è più facile fare un lungo discorso sull’importanza dell’amicizia, dell’empatia, del prenderci cura dell’altro e del trovare il compromesso, che ricordarcene quando si tratta di trovare l’accordo con i nostri, di amici.
“Ma per noi adulti è diverso..”
Ecco, no. O meglio, i nostri figli ci guardano e fanno deduzioni e traggono conclusioni spesso inconsapevoli su cosa voglia dire amicizia anche sulla base di quello che ci osservano fare e dire.
Ogni gesto di amicizia che diamo o riceviamo incarna, agli occhi di chi ci guarda, l’essenza del concetto astratto di amicizia.
Prenderne consapevolezza e ricordarcene può già darci dei grandi spunti!

Creare occasioni di dialogo

Ai nostri occhi di genitori, spesso dialogo rima con paternale o sermone.
Magari riusciamo ad ascoltare mentre i bambini o i ragazzi ci raccontano di una loro difficoltà, e allora noi ne approfittiamo per “correggere”.
“Ma perché tu fai così, quando invece dovresti fare cosà!”
Se mi immedesimo per un istante in mia figlia, mi viene immediatamente la postura: occhi al cielo, sbuffo, testa appoggiata sulla mano..
Insomma, non è la base ideale per un’apertura.
In questo caso, penso piuttosto a:

  • leggere o guardare insieme libri e storie che trattino il tema, e prenderne spunto per indagare sulle sensazioni e sul vissuto dei nostri figli;
  • idem con film e cartoni, ce ne sono di molto delicati
  • chiedere il loro parere: “tu cosa avresti fatto al posto suo in questa situazione?”; “secondo te, quale altra soluzione si poteva trovare?”; “Cosa vuol dire per te essere amici?” e così via.
  • raccontare e condividere le nostre, di esperienze. I bambini adorano quando gli raccontiamo come eravamo noi da piccoli!

Facilitare le relazioni

I nostri figli hanno tutti personalità e stili e caratteristiche unici, possiamo partire da questo dato di fatto per dirci che magari fanno più fatica di altri a fare amicizia, a “rompere il ghiaccio”, o semplicemente hanno piacere a stare da soli e non sentono necessariamente il bisogno di essere circondati costantemente da coetanei per giocare, leggere, sognare.

I rapporti con gli altri richiedono un certo sforzo e l’acquisizione di vere e proprie competenze, di apertura, negoziazione, compromesso.
Ci vuole tempo, ci vuole allenamento.
Noi però possiamo dare un supporto importante, pur senza intrometterci direttamente:

  • frequentare posti in cui i bambini possano incontrare dei coetanei;
  • invitare a casa anche gli amici che a noi personalmente non piacciono tanto (così li conosciamo anche meglio)
  • sentirci accoglienti, rendere la casa accogliente, in modo che i bambini si sentano a loro agio a invitare e condividere il loro spazio privato
  • dimenticare per un attimo le nostre esperienze passate – non è detto che i nostri figli debbano per forza rivivere le nostre difficoltà.

E se ci sembra che i nostri figli siano in difficoltà con le amicizie?

Capita. Di sentirli dire una frase che suona poco simpatica, o insistere nel voler fare il suo gioco, piuttosto da solo ma non cedere alle richieste del gruppo; di vederli impacciati, insicuri, timorosi.
“Dai, vai a giocare, coraggio! Non ti mangia mica!”
Immaginiamoci dietro le quinte di un teatro pieno, con qualcuno che ci spinge da dietro il sipario dicendoci “Dai, vai, coraggio! Il pubblico non ti mangia mica!” Reazione immediata: fuga o “ma sei matto?! non ci penso neanche, ma vacci tu!”

Come si traducono ascolto, osservazione e fiducia in questo caso?
Penso si tratti di dare gli strumenti e le competenze che serviranno ai bambini per riuscire a fare da soli il passo.
Tra i suggerimenti che mi vengono in mente:

  • ascoltare con empatia ogni qual volta i bambini manifestano la loro difficoltà, pur senza intervenire per rimuovere la situazione difficile
  • lasciar parlare i nostri bambini il più possibile, e magari poi ripetere loro parafrasando il problema che ci hanno esposto, per permettergli di rielaborarlo da soli, di cambiare prospettiva, di ricontestualizzare.
  • giocare insieme a “fare finta”, inscenando delle situazioni di gioco dove facciamo finta di essere un loro amichetto o amichetta. Questo permettere ai nostri bambini di tirar fuori grazie al gioco eventuali difficoltà, e anche ad allenarsi a superarle in un contesto sicuro come quello del gioco con il genitore.

Aiuto, mio figlio ha litigato col suo migliore amico

I bambini hanno la capacità di litigare e fare pace nel giro di pochi minuti, e le loro dinamiche sono talvolta molto diverse rispetto a quelle di noi adulti.
Questo è già un primo punto che mi fa reiterare l’importanza di “lasciarli fare”.
Semmai, possiamo mostrare e insegnare come esporre i nostri bisogni e il nostro punto di vista nel rispetto dell’altro.
“Come puoi dire la stessa cosa con le parole anziché urlando e dando calci? Secondo te, come si è sentito Gino quando gli hai portato via il gioco?”.
Talvolta, i nostri figli possono scegliere di rompere con degli amici.
Prendono decisioni che non capiamo o approviamo completamente. Decideranno di “non essere più suo amico”.
Possiamo mostrare fiducia, ascoltarli, sostenerli; ma se possibile – e qui viene il difficile – evitare di forzarli in una decisione che non è la loro.
L’apprendimento, lo abbiamo visto all’inizio, passa anche per delle fasi di difficoltà… anche per noi genitori.

Facciamo il punto su cosa vogliamo insegnare loro

Questa è una cosa che personalmente mi sta aiutando molto.
Ogni volta che siamo in conflitto, che non so come reagire; oppure che vedo uno dei miei figli in difficoltà e mi viene l’istinto di aiutarli, mi fermo.
E mi chiedo: “Cosa voglio trasmettere loro. Cosa voglio che imparino, cosa possono trarre da questa situazione?”
La risposta a questa domanda mi dà un’ottima guida.
A volte, capisco che è meglio non intervenire perché quella difficoltà può far loro del bene. Altre volte, mi mordo la lingua e trasformo la frase piccata in domanda. Capita anche che io riesca, semplicemente, a osservare e ascoltare. Che forse è la cosa più difficile, oggi.

Fonti, riferimenti, approfondimenti

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