I bambini e l’obbedienza, a volte pare impossibile farli coesistere. Sembra una domanda strana e un po’ provocatoria: perché vogliamo che i nostri bambini ci obbediscano?
Lo abbiamo sempre dato per scontato, che debbano fare come diciamo loro. Ma mettiamoci per un istante nei loro panni, proviamo per un attimo a mettere in discussione questo principio.
Pensiamo all’ultima volta che ci siamo arrabbiati con i nostri bambini e indaghiamo: cos’è che ci ha fatto arrabbiare?
Oggi vi propongo di approfondire i diversi motivi per cui vogliamo che i nostri bambini ci obbediscano – ci aiuterà a trovare la chiave per essere più efficaci, a invogliare collaborazione e ascolto anziché imporci con la forza (e ottenere il contrario di quello che vorremmo).
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Bambini e obbedienza: cosa ci fa arrabbiare della disobbedienza
Perché vogliamo che i nostri bambini ci obbediscano?
No sono seria!
Un po’ provocatoria è vero, ma restate con me un istante.
Pensate all’ultima volta che vi siete arrabbiati coi vostri figli. Cos’è che vi ha fatto arrabbiare? Cosa volevate da loro in realtà?
L’ultima volta che mi sono arrabbiata, per esempio, con mia figlia, qualche giorno fa, è stato per via dei compiti.
Lei voleva fare il minimo indispensabile per toglierseli di torno, voleva che le dessi io le risposte che non sapeva, per poter poi andare a giocare. Io invece volevo che facesse i compiti “per bene”, cercando di imparare.
Se i vostri figli hanno l’età della scuola, saprete di cosa parlo. I compiti scatenano spesso e volentieri discussioni e conflitti.
Ma se avete figli più piccoli, potrebbe essere che il vostro bimbo si rifiuti di mettere la giacca, o di andare a nanna, o che voglia continuare a giocare quando è ora di fare altro.
La sentite no, quella frustrazione di quando una cosa che dovrebbe essere semplice e ovvia se ci fosse collaborazione, diventa invece lunga e pesante?
Se negli episodi precedenti abbiamo provato a immaginare e guardare al perché i bambini non ci ascoltino e non ci obbediscano, a trovare la motivazione nascosta, oggi vi propongo di occuparci di noi genitori; e in modo particolare di andare a vedere cosa si nasconde dietro la nostra arrabbiatura.
L’obiettivo? Trovare la chiave più adatta per intervenire e guidare i nostri bambini.
La disobbedienza è più naturale di quanto pensiamo
Perché vogliamo, ci aspettiamo obbedienza?
Abbiamo parlato in un episodio precedente di quanto sia naturale e insito alla nostra natura l’opporci davanti a un tentativo di sottomissione, anche nei nostri bambini; più cerchiamo di controllare il comportamento dei nostri bambini, e più loro si oppongono.
Se pensiamo al mondo aziendale, sempre più studi e ricerche stanno dimostrando quanto più efficaci siano altri strumenti di coinvolgimento e partecipazione orizzontale rispetto a un sistema di potere gerarchico e di premi legati alle performance, per fare un esempio tra i tanti.
Nonostante questo, è insito nella nostra cultura e nella nostra società l’aspettarci di usare la forza per costringere l’altro a fare qualcosa; di usare un sistema di premi e punizioni esterno anziché una leva di motivazione interna.
È importante allora individuare le nostre motivazioni :
- per poter scegliere di intervenire nel modo più opportuno rispetto a quello che vogliamo ottenere,
- e trovare quell’equilibrio tra fermezza ed empatia.
Quali sono le diverse circostanze in cui vorremmo obbedienza?
- Situazione di pericolo – mio figlio a 2 anni vuole attraversare la strada da solo – per proteggerlo dal pericolo, devo imporgli la mia decisione, il rispetto del mio limite (si attraversa solo dando la mano a un adulto di fiducia)
- Voglio insegnare una competenza, un valore: come nell’esempio dei compiti che facevo prima, o se decido di non comprare un gioco al bambino e voglio che impari a gestire la frustrazione
- Nostra fatica e bisogno di riposo: una reazione automatica allo stress, come per esempio se è sera, siamo stanchi, abbiamo mal di testa, vorremmo fare quello che occorre per poter andare a dormire
- Pressione sociale: ci sentiamo osservati e giudicati in una situazione in cui siamo in pubblico, e in qualche modo pensiamo che dal comportamento di nostro figlio dipenda il nostro giudizio in quanto genitori
- Ci sentiamo impotenti, sentiamo di non aver nessun controllo, e questo ci causa un forte stress.
Bambini e obbedienza – riconoscere le mie motivazioni per un’azione consapevole
Nei primi due casi, situazione di pericolo e insegnamento, siamo centrati sul bambino; negli ultimi 3 casi invece, reagiamo a uno stress, interveniamo per proteggerci noi. (Lasciamo stare che a volte mascheriamo questa cosa col “deve pure imparare a..”: il motivo ultimo che ci spinge ad agire è quello stress.)
Una volta che ho riconosciuto che la mia situazione rientra in una delle prime due categorie, possiamo trovare degli strumenti più efficaci sul lungo periodo perché il bambino ci ascolti, impari a rispettare la regola:
- Il tono della nostra voce
- La nostra postura
- Le nostre azioni (più che le nostre parole)
- Le domande che possiamo fare per stimolare la riflessione
- Decidere e comunicare in anticipo come noi agiremo in determinate circostanze, in modo che il bambino possa scegliere e sperimentare le conseguenze.
Bambini e obbedienza – quando sono sotto stress
Nelle altre 3 situazioni (fatica, pressione sociale o sentimento di impotenza) abbiamo a che fare col nostro stress.
Una reazione allo stress è automatica e quindi per definizione non siamo più in pieno controllo delle nostre facoltà.
È molto difficile scegliere un’azione educativa consapevole in queste condizioni.
Se me ne rendo conto, però, posso quantomeno imparare a riconoscere i segnali e cercare di prevenire.
Il nostro obiettivo in queste circostanze diventa allora ritornare a uno stato di calma prima di intervenire, prima di agire.
Come? Innanzitutto, riconoscendo che siamo sotto stress; che la causa della nostra reazione non è il bambino in sé, ma il nostro bisogno di riposo, di calma, di riconoscimento, di controllo eccetera.
Posso:
- fare 3 respiri profondi,
- allontanarmi un attimo,
- pensare a qualcosa di bello per riprendere le mie piene facoltà.
Solo allora posso scegliere cosa è necessario insegnare al mio bambino, e come.
Se il bisogno prioritario in quel momento è il mio, perché sento che se non mi riposo entro 10 minuti esplodo, faccio in modo di rispondere a quel mio bisogno, forte di questa consapevolezza.
È molto meglio che arrivare a non poterne più e scoppiare.
Vi invito i prossimi giorni a prendere nota di quando vivete un conflitto con i vostri bambini e iniziare a ricollegare la vostra reazione con una di queste situazioni, per immaginare come avreste potuto intervenire in modo ottimale, per prevenire.
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Note e risorse
Se ti interessa l’argomento, puoi leggere:
La serie dedicata allo stress:
Che cos’è lo stress? 6 cose che ogni genitore dovrebbe conoscere
Cortisolo alto? 5 frasi che devi smettere di ripetere
5 minuti per scoprire come è fatto il cervello del tuo neonato
6 cose fondamentali sullo stress dei neonati che non ti hanno mai detto.
In che modo le etichette segnano il futuro dei nostri figli
Come sostituire minacce e punizioni
La Disciplina Positiva di Jane Nelsen e Lynn Lott (link affiliato)
Le Emozioni dei Bambini di Isabelle Filliozat (link affiliato)
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