Dormono come angioletti. E per nulla al mondo vorremmo interrompere questo idillio. Perché li adoriamo, ma allo stesso tempo ci sentiamo spinti al limite delle nostre forze. È davvero così dura essere genitori? Sono i bambini che sono difficili, è la società, siamo noi, una combinazione di questi fattori? Prima di iniziare un altro anno con gioia, ecco qualche storia in bilico tra il vecchio e il nuovo, tra la fine e l’inizio.
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Ascolta: Non è il sacrificio la strada giusta per essere genitori
Guardo desolata i vestiti sparpagliati nel cassetto impolverato (nota per me stessa: ricordati di pulire l’armadio).
Un piccolo buco qui; proprio la circonferenza delle unghie del mio gatto. Una macchia là, questa dev’essere la gastroenterite della bambina due settimane fa.
Troverò pure qualcosa da mettermi, mi dico mentre cerco di ignorare le pulsazioni del mal di testa. Mio figlio invece, dimentico dei suoi incubi e successivi calci contro la mia schiena consolatoria, dorme ancora beato in mezzo al mio letto.
Guardo l’orologio e so già che dovrò fare colazione in meno di 4 minuti, probabilmente in piedi e con il sottofondo musicale dei piagnucolii di mia figlia.
Capisco improvvisamente perché la pubblicità della Mulino Bianco abbia avuto tanto successo.
Come ho fatto ad arrivare qua?
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Partiamo dalla fine
Ho fatto delle scelte.
Quando i bambini erano piccoli e si svegliavano per la poppata notturna, mi dicevo che era normale che mi alzassi sempre io. Lui deve andare al lavoro; poi gli viene mal di testa; mi aiuta in altri modi.
Non è l’organizzazione familiare che rimetto in discussione; ma il fatto che avessi bisogno di trovare delle scuse più o meno razionali per giustificare che se NON mi sacrificavo, se non arrivavo al limite delle mie forze, mi sentivo in colpa.
Mi beavo di quella soddisfazione un po’ masochista di chi vuole dimenticarsi di sé stesso per rendersi indispensabile agli altri.
E allora via alle corse impossibili, alla sindrome da Wonder Woman e al record delle poche ore dormite. Tachipirina e antibiotico come preziosi alleati per ammutolire i segnali del corpo.
“Quando diventi genitore devi sacrificare tante cose per diversi anni” era la frase cui mi opponevo con più forza. Volevo continuare a credere che non fossero affatto sacrifici, ma una fonte di gioia.
“Basta sapersi organizzare! E poi le priorità cambiano, non sono più sacrifici!”
Ne sono ancora convinta. (Dev’essere per questo che sono io che cerco di convincere i bambini ad andare a vedere Frozen 2. Per andare finalmente al cinema senza sensi di colpa né improbabili incastri organizzativi.)
Però ora l’ho capito: se non metto anche me come variabile dentro l’equazione familiare, il risultato non viene.
La generosità nasce dalla gioia, mentre il sacrificio permanente porta all’usura. Forse, allora, è meglio iniziare coltivando la gioia.
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Perché decidiamo di essere genitori?
Ho individuato 3 macro-casistiche:
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diventiamo genitori senza esserci posti la questione prima, e poi scopriamo quanto possa essere dura;
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non riusciamo ad avere figli, e siamo travolti dal nostro desiderio frustrato, fino a provarne dolore;
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non ci sembra mai il momento giusto, anzi più sentiamo la pressione esterna “allora, che aspettate?!” e meno ci viene voglia.
Qualunque sia la categoria, arriva il momento della fatidica domanda. Perché vogliamo essere genitori?
Al di là dell’evidente spinta biologica per evitare l’estinzione della specie.
Ognuno ha la sua risposta, più o meno profonda. La mia giace in quegli istanti in cui senti quel legame con un esserino indifeso, che a sua volta porterà un pezzetto di te nel futuro.
Una connessione invisibile ma fortissima tra me e la vita.
In quei momenti in cui tutto passa dalle sensazioni, dal corpo, da uno sguardo, mi sento indispensabile. Sono il centro del mondo per la mia creatura.
Invasa da un flusso di amore incondizionato, che mi fa sentire al mio posto nel cosiddetto “Cerchio della vita”.
Poi, quella creatura scopre di poter dire di no. Capisce che un suo pianto scatena delle reazioni incredibili in noi.. un potere magico!
Ricordi che quando tutti ti dicevano: “Vedrai quando toccherà a te. Vedrai.”, hai creduto che per te sarebbe stato diverso.
Pensavi:
“Mio figlio non si getterà mai per terra piangendo in mezzo a un negozio!”
“Mio figlio non mi risponderà mai in questo modo!”
Che gli altri hanno sbagliato, ma noi saremo in grado di capirli, i nostri figli. Serenità, pace e armonia.
Basterà chiedere gentilmente, e mio figlio mi guarderà negli occhi, e farà quello che gli chiedo perché saprà che è giusto così.
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Accetta: a volte bisogna prima cadere prima di riuscire a tirarsi su
Quando è nata mia figlia, lavoravo in una piccola struttura come segretaria tutto fare. Il mio responsabile era quasi il mio unico collega.
Nessuno sentiva quando mi diceva in tono scherzoso che ero stupida e non servivo a niente.
Se non avessi avuto il sospetto che fosse vero, gli avrei probabilmente risposto a tono.
Ma ci ha pensato mia figlia.
Quando ha iniziato a parlare, a dire di no guardandomi dritto negli occhi, non sapevo che fosse una normale fase di costruzione della sua identità, che avrei potuto aiutare, baipassandone gli effetti collaterali, con il giusto approccio.
Quello che vedevo era un’altra prova della mia incapacità. Si rifiutava di dormire, di mettere a posto, di farsi vestire, e mi faceva infuriare come nient’altro nella mia vita.
“Non sei neanche capace di farti ascoltare da una bambina di un anno” diceva una voce che faceva male ascoltare.
Forse sarei ancora in quel piccolo ufficio con l’autostima sotto le scarpe, se non ci fossero stati i no di mia figlia e il mio stupore davanti alle mie reazioni.
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Essere genitori ci fa sentire realizzati.. quando capiamo chi siamo
Ti sei mai chiesto come mai certi comportamenti dei bambini ti fanno andare fuori di testa?
Alcuni studi su come funziona la memoria hanno mostrato che l’ippocampo e l’amigdala, le parti del cervello atte a registrare gli eventi, sono già funzionanti quando nasciamo.
Solo che non sono ben collegate al resto. Quindi registrano quello che ci succede sotto forma di immagini ed emozioni, senza che possiamo darne un senso logico e narrativo.
Ma quando si ripresenta un evento che scatena in noi un’emozione simile con la stessa intensità, soprattutto se quest’emozione ci dà delle sensazioni che non ci piacciono e da cui rifuggiamo, il nostro sistema di allarme si attiva, e con esso si spegna temporaneamente il nostro cervello “logico” e parte il pilota automatico.
Anche se non ce ne ricordiamo, quelle emozioni restano; ed ecco che inconsciamente attiriamo delle situazioni che ci portano a riviverle.
A volte allora, reagiamo dicendoci “era meglio prima”. Ogni cambiamento ci riporta ai nostri limiti, alle nostre paure; l’oggi implica aver perso qualcosa di ieri.
Altre volte, mettiamo su un bel sorriso e ci diciamo che domani andrà meglio. Teniamo viva la speranza, sempre e comunque, che ci fa sopportare quello che non va oggi – i pianti, i capricci, i sacrifici, perché ci diciamo che quando la condizione X si realizzerà, quando l’evento esterno si produrrà, allora tutto si sistemerà e saremo finalmente felici.
Ogni tanto la speranza si incrina, ogni tanto ci chiediamo se succederà mai; ma teniamo duro.
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[optin-monster-shortcode id="sai7bab1ena3mym458x5"]Essere Genitori, un nuovo inizio
Ma quando arriva domani? E se la chiave di tutto fosse nel restar fermi e apprezzare di più l’oggi?
Oggi, quando il pianto di mio figlio vuole dirmi qualcosa che forse mi fa male e lo nascondo dietro un capriccio o un post su Instagram.
Quando la frase piccata vuole provocarmi per una ragione che cerco di non vedere.
Oggi, che mia figlia si guarda sconsolata dicendo che non si piace, che vorrebbe essere diversa. Allora metto via il telefono, dimentico il sonno e la guardo.
“Come mai amore?”
“Perché voglio essere come te mamma”. Uno specchio che riflette i limiti che dobbiamo ancora superare.
E quando finalmente accettiamo di fermarci davanti a questo specchio, succede qualcosa di straordinario: ci riscopriamo.
Capiamo qualche pezzo in più della nostra storia dimenticata; colleghiamo i puntini. Da questa apertura a noi stessi nasce anche l’apertura agli altri.
Esser genitori è difficile. Non perché i bambini sono difficili, ma perché ci rimandano ai nostri propri limiti.
Se impariamo a spegnere le distrazioni di fondo e ad ascoltare, riusciamo pian piano a vederli questi limiti, ad accettarli, e ad andare oltre.
La nostra interpretazione di quello che ci succede diventa meno critica, più obiettiva e speranzosa. Le piccole cose assumono un altro significato.
E allora tutto il percorso diventa più piacevole.
Ti è mai capitato di rivederti nei tuoi figli? Che effetto ti ha fatto? Quali piccoli gesti, se ti fermi ad apprezzarli, ti fanno sentire meglio? Ti invito a lasciare la tua esperienza nello spazio dedicato ai commenti.
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Fonti, riferimenti, approfondimenti
Ecco un elenco di siti, libri e articoli consigliati o da cui mi sono ispirata!
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L’articolo che mi ha ispirato questa riflessione cita qualche linea di “Guida per diventare un genitore consapevole. Conosci te stesso per crescere tuo figlio” di Shefali Tsabary, psicologa americana molto famosa. L’obiettivo del libro è mostrare ai genitori come soltanto partendo da una profonda conoscenza di sé e dei propri limiti si possa costruire una relazione sana e educativamente costruttiva con i figli.. e il postulato non può trovarmi più d’accordo. (D’altra parte, “Conosci te stesso” risale alla notte dei tempi e resta valido.) Appena inserito nella mia lista di lettura.
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I bambini ci rubano la vita?, si chiede l’autrice francese di questo bellissimo articolo. una lettura fresca e profonda che mi ha ispirato questa riflessione.
Come al solito sei illuminante e mi leggi nel pensiero a centinaia di chilometri di distanza. Grazie!
Grazie a te Giulia!! Mi fa un immenso piacere sapere che quello che scrivo è utile nonostante la distanza geografica 🙂
Oh si, spesso mi sono rivisto negli atteggiamenti e nelle reazioni dei miei figli. E la cosa che mi ha spiazzato è che mi hanno sempre riportato alla mente emozioni e sensazioni che avevo dimenticato. Mi hanno risvegliato paure e gioie di un mondo che era sepolto in me e dimenticato. Non era piacere o rabbia nel vedermi in loro e l’ho sempre considerato come un premio, quello di essere riuscito a trasmettere qualcosa di profondo, di mio, di intimo che nemmeno io sapevo ancora di avere. Certo e dura fare il papà o la mamma. Bisogna cambiare visione, non sei più l’io ma il noi.Fatto questo sforzo le cose cambiano di molto.E buon 2020 a tutti i lettori di questo meraviglioso blog
Grazie Roberto per questa bellissima testimonianza e il tuo augurio! È bellissimo quello che scrivi, questa immagine di aver trasmesso qualcosa di così profondo e prezioso che non sapevi di avere. Tanti auguri a te e alla tua famiglia per un nuovo anno luminoso e sereno