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Capricci e scenate? 6 trucchi per gestire le crisi di rabbia dei bambini (senza urlare)

Piangono se inverti l’ordine dei vestiti. Urlano se non fai quello che ti hanno chiesto (per favore) IMMEDIATAMENTE. Battono i piedi se a tavola non c’è nulla che a loro piace. E poi, più tardi, chissà, magari ci rispondono male se non diamo loro il permesso di uscire la sera con gli amici. Come gestire le crisi di rabbia, le piccole e grandi frustrazioni dei bambini senza urlare e dare di matto? Cambio di prospettiva, qualche astuzia e tanta pazienza..

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Tragedia e sgomento! foto di Marco Albuquerque su Unsplash

I bambini e le piccole crisi di rabbia quotidiane

Prima di saperne di più, mi facevano impazzire quelle giornate. Il piccolo che si rifiuta di mettere le scarpe se non lo aiuto io, e non lo faccio seguendo la sequenza esatta di movimenti. La grande che vuole più autonomia, e allora urla di frustrazione non appena le sembra che decido io troppo spesso.

E poi! I pianti per chi si siede sulla sedia a sinistra.

La più memorabile è stata sicuramente quella in cui mio figlio si è rovesciato apposta il sugo di pomodoro addosso perché non voleva che io lo pulissi. (ma questa te l’ho già raccontata). Come si fa a non scendere al rapporto di forza, al braccio di ferro e alla reazione emotiva? Rabbia dei bambini contro rabbia dei genitori, primo match! per dire.

Se è vero che non esiste una bacchetta magica che trasformi i nostri bambini in esseri ragionevoli e razionali (quella dovrebbe corrispondere all’età adulta..), possiamo forse capire meglio cosa succede e elaborare qualche trucco per prendere le crisi di rabbia con filosofia.. e già che ci siamo, magari anche farle smettere prima di arrivare ai castighi!

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No, non capisco.
Foto di Kelli McClintock su Unsplash

 

Cambiare il punto di vista sui bambini e la loro rabbia

Iniziamo dal nostro punto di vista. È chiaro che se guardo a mio figlio come “Ecco, vediamo cos’altro si inventa per farmi arrabbiare!” il mio atteggiamento nei suoi confronti non parte da una grande apertura e ascolto empatico.

Qual è il nostro obiettivo? Immagino che principalmente siano due:

  1. calmare la crisi

  2. insegnare a canalizzare la rabbia nel rispetto degli altri.

Se penso che mio figlio lo sta facendo apposta, che capitano tutte a me, che non è possibile, ma non è neanche capace, eccetera eccetera, preparo un eccellente terreno per arrabbiarmi a mia volta, per rispondere o contrattaccando, o difendendomi.

È la naturale reazione del nostro cervello di fronte a una minaccia.

Così facendo, però, ci allontaniamo dai nostri due obiettivi.

Intanto, quando ci arrabbiamo a nostra volta, per imitazione automatica (vedi i mitici neuroni specchio) anche i bambini si arrabbiano ancora di più.

E poi, perdiamo il controllo e quindi non diamo un grande esempio su come insegnare a canalizzare la rabbia nel rispetto altrui.

Se invece guardo alla crisi di rabbia dei miei bambini come alla manifestazione di qualcosa che non va, di un bisogno insoddisfatto espresso in malo modo, il mio approccio cambia. Vado alla ricerca di soluzioni, anziché di “giustizia” o correzione.

Nel bambino, la parte del cervello che controlla gli impulsi emotivi è ancora in pieno sviluppo (lo ricordo: raggiunge il pieno sviluppo intorno ai 25 anni, giusto per rassicurarti).

Quindi basta poco: fame, sete, sonno, gelosia, stanchezza dopo una giornata a scuola o in asilo a dibattersi nel marasma dei compagni, che un no da parte nostra fa scattare il suo sistema nervoso in un’esplosione di tensioni.

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I nostri obiettivi davanti alla rabbia dei bambini

Chiarito questo, è ovvio che nonostante tutta la nostra comprensione ed empatia, e magari anche i nostri tentativi di prevenire queste crisi di rabbia dando ai bambini il massimo della nostra attenzione e disponibilità, non abbiamo comunque voglia di sopportare che nostro figlio ci prenda a calci o urli in mezzo al supermercato, giusto?

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Ah, le sceneggiate in pubblico..
Foto di Hanson Lu su Unsplash

Perché ricordo che gli obiettivi sono due:

  1. per calmare la crisi = comprensione, pazienza ed empatia

  2. per insegnare quali comportamenti vanno bene = dobbiamo comunque proporre un comportamento alternativo, giusto?

La cosa per me assolutamente più difficile da ricordare è questa: mentre i miei bambini sono nel mezzo di una crisi di rabbia, è assolutamente inutile che io stia a spiegare come dovrebbero fare.

Il cervello è concentrato su altro in quel momento. In qualche modo però, a noi sembra utile e appagante passare dieci minuti di ramanzina “Ma non mi ascolti neanche!”

Ho provato quindi con una certa gioia e soddisfazione queste soluzioni alternative che ti propongo ora a mia volta: se non altro canalizzano le mie, di energie, che già  non è male!

Prima soluzione: usare il gioco e l’ironia.

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Altolà, marrano!
Foto di James Pond su Unsplash

Premetto che per usare questa soluzione, bisogna essere in una disposizione d’animo per cui riusciamo a guardare la scena con distacco e girarla in chiave divertente. Difficile se siamo anche noi in preda alla stanchezza e alla frustrazione.

Quando però ci riusciamo, i vantaggi sono numerosi perché il riso ha il potere di far scendere immediatamente la tensione e anche di creare un legame emotivo positivo piuttosto forte.

Una delle situazioni in cui può essere adatta è quando il bambino è un po’ violento: possiamo allora proporre un gioco di lotta dove possa sfogare fisicamente la tensione ma in modo bonario e positivo.

“Ah, ma allora tu ti vuoi trasformare nel cavaliere della notte grigia! devo difendermi”.

Si inscena un mondo fantastico e si vede se il ambino riesce a passare dalla fase di rabbia a quella del gioco, dove la lotta non è più impostata a fare male.

Un’altra occasione in cui la uso è lo scherzo quando i bambini litigano. Li vedo iniziare a venire alle mani, allora con nonchalance osservo:

“Oh mi sembra che non vi funzioni più la lingua! State usando le mani al posto delle parole, vedo!”

E spesso la cosa li fa ridere e passare alla ricerca di una soluzione alternativa.

Seconda soluzione: coccole e abbracci

Nel caso dei bambini piccoli e nelle crisi per accumulo di tensione, quello che funziona molto bene è abbracciarli, contenerli, in modo che grazie al contatto con noi si calmino e riprendano il controllo.

Ci è difficile accettare che il nostro abbraccio non sia un incentivo alla sceneggiata, ma in realtà è uno “strumento” necessario a colmare un bisogno. Insomma, l’amore non è una ricompensa ma un carburante.

Questo richiede che il bambino sia d’accordo nel farsi abbracciare, il che non è sempre il caso.. Non c’è bisogno di fargli forza se proprio non vuole.

Di solito io chiedo a mio figlio se ha bisogno del mio aiuto per calmarsi, e adesso è lui stesso a urlarmi tra i singhiozzi “coccole mamma coccole!

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Terza soluzione: ridirigere l’attenzione

La ridirezione è particolarmente efficace davanti a una frustrazione per un nostro no.

Prima che si scateni la lotta “ma io voglio” – “ma io no”, non appena sentiamo montare le resistenze dei bambini possiamo provare a passare ad altro.

Quando i miei figli al panificio provano a corrompermi per comprare un croissant alle 6 di sera (“ma è per la colazione di domani mamma! Così ci alziamo prima!”), provo a instaurare una conversazione:

“Sai una cosa, una volta ho provato a farlo in casa! non è per niente facile! Cosa ne dite se una volta proviamo insieme? Secondo voi, che ingredienti servono?”

Questo aiuta a manifestare il nostro interesse per i gusti e i desideri del bambino. Ricordo che quando i miei erano più piccoli, per evitare di far partire lunghe ed estenuanti negoziazioni, lanciavo un no secco ancora prima che mi facessero una richiesta.

Magari mi stavano solo facendo vedere una cosa che a loro piaceva, e io subito “NO!”.

Il che, ammettiamolo, è un po’ come quando inizio a dire a mio marito “Mi piacerebbe andare…” e lui mi interrompe dicendomi che penso solo alle vacanze. Piuttosto frustrante.

“ah ma sì è bello questo, cosa ti piace in particolare? Come lo useresti?”

Coi bambini più piccoli possiamo usare una ridirezione fisica, anziché verbale – prendendoli in braccio e indicando loro un altro oggetto, o cambiando stanza.

Quarta soluzione: la verbalizzazione delle emozioni.

Descrivere quello che è successo e quello che vediamo, dire le emozioni dei bambini ha duplice beneficio, soprattutto coi più piccoli.

Intanto mostriamo loro che li capiamo, che non consideriamo negativamente l’espressione della loro emozione; e questo è il top in termini di autostima per un bimbo piccolo.

Manteniamo una connessione empatica con loro; e spesso il sentirsi capiti e ascoltati basta a calmarli. In più insegniamo loro ad acquisire un vocabolario emozionale.

Quinta soluzione: l’effetto sorpresa

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Foto di Marcela Rogante su Unsplash

La risposta a sorpresa funziona bene anche coi più grandi, addirittura in certi casi con gli adolescenti.

Se ci rispondono male, per avere la loro attenzione rompiamo gli schemi. Si aspetteranno un solito “come ti permetti!” e magari stanno già affinando le armi per lanciarsi in una feroce discussione.

Allora noi facciamo una risposta completamente diversa, quasi assurda, ad esempio cantando. E nel farlo, possiamo suggerire un modo diverso e più educato di rivolgerci a noi:

“ah, forse volevi dire grazie mamma che fai tutte queste cose per me, scusa se ti disturbo ma potresti metterli tu a lavare i miei calzini? povero me, mi sono dimenticato!”

Tra parentesi funziona anche coi bambini. Quando mio figlio di 4 anni mi dice: “Io non posso mangiare perché mangio solo la banana tagliata a fettine”, con tono ironico rispondo:

“uhm, mi è sembrato di sentire per favore mamma vorrei tanto una banana tagliata a fette. Ma non sono sicura. No, forse me lo sono immaginato..”

E aspetto. Di solito qualcosa poi succede.

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Sesta soluzione: calmiamoci

Infine, l’ultima strategia consiste nel.. calmarci noi. Se cerchiamo di calmare un bambino essendo noi in preda a una crisi di rabbia, non funziona molto bene.

I bambini se ne accorgono, sentono la nostra tensione interiorizzandola. Un po’ come chiedere di stare in silenzio urlando.

Meglio allora uscire un attimo dalla stanza. Prendi un tempo di pausa, ripensa a un episodio buffo che ti faccia sorridere..

Prima di tornare nell’arena.

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Fonti, riferimenti, approfondimenti

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