Sappiamo accettare le emozioni dei bambini? E le nostre? Si parla tanto oggi, di educazione alle emozioni. Ed è certamente un bene.. Al di là del saperle individuare, accettare le emozioni dei bambini è più facile a dirsi che a farsi.. Istruzioni per l’uso qui sotto!
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Educazione alle emozioni, sai cos’è ?
La prima volta che ne ho sentito parlare, di educazione emotiva, è stato leggendo uno degli articoli proposti dal mio corso online, in cui si parlava di “mettere una parola” su quello che il bebè sta vivendo.
Piange perché è l’ora della pappa?
“Sì amore, lo so che hai fame, lo so che è difficile aspettare quando si ha fame (faccia corrucciata mentre lo diciamo) adesso arriva la pappa (il nostro viso si apre in un sorriso)“.
Diventa estremamente irritabile perché ha sonno?
“Certo tesoro, sei stanchissimo lo vedo, è difficile restare tranquilli quando si ha sonno e si vuole dormire (qui viene facile l’espressione di comprensione empatica). Adesso ci prepariamo per la nanna”.
E nel mimare queste sensazioni con le nostre espressioni mentre parliamo, cosa che di solito facciamo in modo inconscio e automatico, il nostro bebè impara ad associare suono (parola) – emozione – grado di positività della sensazione. (Per un campionario di esempi e una guida molto più vasta sull’argomento, vi consiglio questo libro di Debora Conti, e questo di Lynne Murray)
Dopo le cose si complicano. Finché bisogna interpretare il pianto di un bebè, certo abbiamo l’assenza del linguaggio a guidarci, ma di solito le opzioni non sono infinite: arrabbiato perché ha fame/ sete/ pannolino sporco, triste perché vuole essere preso in braccio, contento quando la mamma lo prende e interagisce con lui, stupito quando scopre qualcosa di nuovo, e così via.
Quando accettare le emozioni dei bambini diventa difficile …
Dov’è la difficoltà? Dovremmo solo:
a) interpretare i musi lunghi, gli eccessi d’ira, i pianti improvvisi.. così tante le possibili cause e le sfaccettature emotive, i nuovi bisogni sottesi che emergono. Entrano in gioco fattori fisiologici, ( l’alimentazione, la stanchezza, l’aver bevuto poco eccetera), ma anche il confronto con i compagni o i fratelli, il bisogno di esercitare del controllo.
b) capire i nostri, di bisogni, dietro alle nostre reazioni quando ci troviamo di fronte a una di queste manifestazioni repentine e talvolta, apparentemente illogiche.
Tanti momenti idilliaci possono di punto in bianco trasformarsi in lotte intestine .. !
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…e ci porta a interrogarci sulle nostre, di emozioni
Il primo campanello d’allarme è suonato quando mi sono accorta delle mie reazioni, talvolta spropositate, di fronte alla manifestazione delle emozioni di mia figlia.
Diciamoci la verità, prima non mi ero posta un granché il problema delle mie reazioni emotive. Certo, capitava l’argomento durante litigi o incomprensioni con mio marito, ma di solito si chiudeva lì, con una conversazione chiarificatrice “tra adulti razionalizzanti”.
Penso che la prima, grande difficoltà sia stata accettare i ritmi di sonno-veglia di mia figlia.
Dovermi arrendere al fatto che non bastava dire : “È l’ora della nanna! È tardissimo devi assolutamente riposare!” leggere una storia, dare un bacino e spegnere la luce.
Per quale motivo mi metteva letteralmente fuori di me che mia figlia non volesse dormire? Frustrazione per non poter sfruttare quelle due ore per fare qualcosa di adulto come avevo programmato? Sensazione che mi figlia controllasse ogni aspetto della mia vita? Che le cose non erano esattamente come le avevo immaginate prima del parto?
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Accettare le emozioni dei bambini.. Ma come interpretare le nostre ?
Allora non l’avevo capito, ma oggi mi dico che mia figlia aveva captato questa mia bolla rossa di rabbia e frustrazione, e forse aveva anche capito quale bottone schiacciare per vederla accendersi e esercitare così una forma di controllo su di me.
Poi è arrivata la fase dei no. Quella in cui, per affermare la sua identità separata da quella del genitore, il tuo angioletto inizia a sparare opposizione a ogni occasione, fermandosi solo per osservare la tua reazione del genitore Io credo di aver sviluppato un tic nervoso all’occhio).
Allora, uno si informa, chiede, lo sa alla fine che questa è una fase importantissima dello sviluppo (anche perché a quel punto no è la sola parola che sa dire).
Però quando arrivavo a casa sfinita dopo una giornata di lavoro, pensando “che bello ora mi spupazzo un po’ mia figlia finalmente”.
Andiamo a casa amore? e lei ti guarda e dice “NO!”
Ci laviamo le manine? “NO!”
Andiamo a fare la pappa? “NO!”
Leggiamo insieme una storia “NO!“
A voi non innervosisce?
Vedi, l’elemento chiave, che ha iniziato tutta la mia auto-analisi, è che io di solito sono una persona che non si arrabbia mai. Anzi, pensavo di aver un problema nell’esprimere la mia rabbia.
Forse il non essere abituata a chiedermi cosa provo e a saperlo associare a un bisogno latente.. E poi, arriva questa creaturina meravigliosa, e basta un suo no a mandarmi fuori dai gangheri! Perché?
Cosa sono le emozioni ?
E quindi ora potete vedere le rotelline che girano nella mia testa per cercare di risolvere i miei enigmi esistenziali. Magari anche tu ti poni le stesse domande.
Allora iniziamo da qui : Cosa sono queste benedette emozioni ?
Le emozioni sono delle guide che fin da bebè, ci servono per analizzare e dare un senso a quello che ci accade : ci ricordiamo gli avvenimenti in base a come ci hanno fatto sentire, e cerchiamo di riprodurre quelli positivi.
Ma le emozioni sono tutte fondamentali : non possiamo sentirci davvero bene se non ci siamo mai sentiti male, sul fondo del pozzo.. Nessuna emozione è da evitare, solo da interpretare correttamente per guidare il nostro comportamento.
Riprendo un capitoletto illuminante di Isabelle Filliozat (tratto dal suo libro “Il me cherche!”, non ancora tradotto in italiano).
Emozioni Primarie (la via rapida) : sono delle reazioni fisiologiche e adattative del nostro organismo. L’amigdala fa rilasciare una marea di ormoni per preparare il corpo a reagire PRIMA di informare la neocorteccia, che poi decide se calmare le acque o confermare la reazione appropriata. (Ho descritto questo processo anche in questo articolo).
Sentimenti o reazioni emotive secondarie : nascono dai nostri pensieri, dalle interpretazioni che facciamo – quindi possono basarsi su assunzioni errate.
Esprimere un’emozione la libera. Esprimere invece una reazione emotiva secondaria non fa che rinforzare l’emozione primaria alla sua origine.. in una specie di circolo vizioso. Ahia!
La differenza è sottile.. e richiede che impariamo a fare la distinzione tra le due, per capire come agire.
Accettare le emozioni istruzioni per l’uso #1 : Tempo
Mi piace questa definizione di Thomas d’Ansembourg : “La padronanza delle proprie emozioni non è né il rifiuto, né il respingimento, né il controllo; è la capacità di farne un impiego oculato. E questa padronanza passa per una conoscenza approfondita che richiede una frequentazione regolare delle nostre emozioni”
In pratica, ci vuole tempo.. un tempo per noi, in cui restiamo soli con noi stessi, sentiamo coscientemente cosa ci capita internamente.. E “noi abbiamo imparato a fare e a correre, e non a essere, a essere con i nostri sentimenti”*.
Ancora l’altro giorno, nonostante, insomma l’avrete capito, siano mesi che sto qui a pensare alle emozioni, il tempo, i pensieri le parole e le opinioni.. ; nonostante questo, quando ho ricevuto una notizia negativa che non mi aspettavo, la tristezza mi ha invaso.
Ma ho cercato di scacciarla, perché mi faceva sentire in colpa essere triste per qualcosa che non era così grave. E allora ho iniziato a fare, cercare informazioni, andare su internet.. per due giorni sono andata avanti così, finché non ho capito, e mi sono permessa di piangere.
Accettare le emozioni istruzioni per l’uso #2 : i Rischi
Cosa succede se cerchiamo di gestire le emozioni dei nostri figli senza aver prima imparato a gestire le nostre?
Qualche ipotesi plausibile :
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esagerare. “Tesoro, cos’è quel faccino, tutto bene? Sei triste perché la mamma ti ha lasciato un attimo per finire di preparare la cena?” “No mamma, è che Bloom delle Winx ha meno poteri magici, secondo me dovrebbe averne di più!”
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voler trovare a tutti i costi una soluzione. “Cos’è successo? Ma allora sei triste per questo? O sei arrabbiata? Dai che poi passa, facciamo una bella cosa insieme magari.” Riproduciamo il modello : rifuggire dall’emozione, e sostituirla con delle azioni.
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non riuscire ad accettare, e quindi magari punire, le emozioni negative, come la rabbia.. quando piangono per un no, per la frustrazione a un divieto..
Accettare le emozioni istruzioni per l’uso #3 : Speciale Rabbia
La rabbia è, per me, la più difficile da accettare. Mi viene sempre voglia di trovare tutti i motivi per cui NON essere arrabbiati, e dimenticarsi di tutta la faccenda. E poi è estenuante offrire la propria vicinanza a un bambino che ce l’ha con te e vorrebbe darti dei colpi, sfogare la sua impotenza contro di te..
“Ho capito che sei arrabbiato, lo so che volevi giocare con le macchinine”. E probabilmente dovrei fermarmi lì, stare vicina ma zitta; invece mi sento sempre in dovere di giustificarmi. “Ma vedi, dobbiamo andare dal dottore, altrimenti arriviamo in ritardo.” ed ecco che lo sfogo di rabbia raggiunge il suo apice.
È incredibile, lo so : non riesco proprio a mettere a tacere questo mio istinto al razionalizzare. Quando so benissimo che non è (ancora) il momento : prima l’emozione va accolta, capita; deve attraversarci nella sua spiacevolezza. Poi, quando la neocorteccia sarà di nuovo riconnessa al resto del cervello, allora possiamo dare tutte le spiegazioni razionali del caso.
Prima capire se stessi, poi andare verso l’altro.. Quando sono in piena fase ormonale ad esempio, e la mia irascibilità sale a mille, se mio marito arriva davanti a un mio problema e mi dice : “Ma non c’è bisogno di prendersela tanto, guarda basta fare così no?!” Il mio primo istinto animale è urlargli contro tutta la mia frustrazione fino ad allora malamente repressa. TU NON CAPISCI!
Ecco. Poi però, quando tocca ai miei figli e la situazione si ribalta, zac faccio uguale. Incredibile no?
Accettare le emozioni istruzioni per l’uso #4 : Attraversare la Tempesta
Non essere triste! Dai, non c’è bisogno di arrabbiarsi! Queste piccole frasi che diciamo così di frequente sono, in fondo, lo specchio di due credenze comuni ma pericolose che abbiamo :
- Che le emozioni “negative”, quelle spiacevoli, siano da evitare a ogni costo
- Ci sentiamo responsabili per le emozioni altrui, ascoltiamo GIUDICANDO.
Eppure, per liberarci delle nostre emozioni negative, dobbiamo prima di tutto viverle, attraversarle.
Se non le tratto come degli abitanti della mia casa, con cui tento di convivere con una buona intesa, rischio di essere io abitato da loro*.
E per attraversarle (citando sempre Thomas d’Ansembourg*) abbiamo bisogno di :
- Abbandonare il giudizio (“Se ho paura vuol dire che sono un codardo”)
- Lasciar cadere le nostre credenze, i nostri pregiudizi ( “Siamo tutti testardi in famiglia”; o “Un uomo non piange”.)
- Abbracciare un modo di pensare complementare : da “Se ho paura, vuol dire che non sono coraggioso” a “Ho paura E voglio trovare il coraggio”
- Evitare di rinchiudersi dietro un linguaggio deresponsabilizzante : “Quando si è genitori, bisogna essere forti; quindi io non devo avere paura” *(ricordate quando parlavo di usare il verbo scegliere anziché dovere?)
Solo se permettiamo alle nostre emozioni di attraversarci completamente, potremo accettarle. E quando le avremo accettate, saremo anche in grado di accettare quelle degli altri, senza sentircene minacciati o attaccati.
Accettare le emozioni istruzioni per l’uso #5 : Sospendere il Giudizio
Certo che a noi genitori spaventa terribilmente vedere il nostro figlio in preda ai singhiozzi. In qualche modo, ci fa sentire messi in discussione. Soffriamo noi per e con lui; confondiamo il nostro ruolo.
Amare = rendere felici. Cioè dipendenti da noi.
Se il nostro partner/amico/ figlio/genitore eccetera fa il muso o piange, è nostro compito tirargli su il morale e farlo sentire di nuovo felice?
Confondiamo empatia con responsabilità.. Dimenticando che siamo ognuno responsabile di sé stesso, dell’interpretazione e dell’uso che farà delle sue emozioni di fronte a un certo avvenimento.
Accettare le emozioni istruzioni per l’uso #6 : Indipendenza emotiva
Ieri sera ero ingestibile. Avevo l’impressione che tutto andasse storto; e arrivata a casa, ho dovuto litigare con un aspetto tecnico del blog che lo rendeva non funzionante senza capire perché.
Invece di mettermi a giocare e disegnare coi bambini come avevo previsto, o di fare qualcosa di tranquillo insieme, mi sono messa a litigare col computer, mentre i bambini cercavano in tutti i modi di attirare la mia attenzione. In questi casi, l’avrete notato anche voi, i bambini sono bravissimi nel captare le nostre vibrazioni negativissime e venir fuori con le idee più strambe.
Spargere sul pavimento tutti i rotoli i carta igienica. Ristendere in ordine casual-stropicciato tutti i panni asciutti già piegati e pronti in realtà a esser messi a posto. Magari mescolarli coi panni bagnati..
E ovviamente, queste cose succedono quando il livello ormonale femminile detterebbe di mettersi a letto con la luce spenta e la porta chiusa a chiave. Nella mia disperazione inferocita, ho cercato di far capire ai miei poveri figli che avevo un problema grosso. Hello empatia!
Non è un amplificatore intrinseco di irritazione quando gli altri continuano a restare belli allegri mentre tu sei un vulcano in eruzione?
Ora, razionalmente, nella calma del mattino, mi dico che era sciocco aspettarsi che mio figlio di anni neanche 3 mi capisca, si sieda tranquillo in un angolo con un gioco dicendomi “Non ti preoccupare, povera mamma, gioco da solo”. (Ma io spero che ancora qualche anno e me li risolva lui poi i problemi di html sul sito.)
Verso l’essere un genitore sereno
Il fatto è che io volevo essere la brava mamma che gioca, partecipa, abbraccia, fa cose. Allegra, sorridente, rispettosa dei principi dell’educazione positiva, non minaccia ma chiede, non urla regole ma pone limiti..
Non volevo, non vorrei avere anche questa parte di me iper-sensibile che ha voglia di urlare battere i pugni correre lontano perché le cose non vanno come previsto.
Cerco di ignorarla fino all’esplosione. Forse la prossima volta mi prenderò cinque minuti da sola per affrontarla, ascoltarla questa sensibilità nascosta. Anziché tappare i buchi con l’iperattività dell’agitazione.
Ti Ascolto, dunque Sono
Allora potrò ricordarmi, quando succederà ai miei figli, che non è la distrazione, e forse neanche la mia reazione di empatica comprensione ad aiutarli. Solo esserci. Senza lasciarmi travolgere anche io dalla loro emozione. Uno scoglio contro cui si abbatte il mare in tempesta. L’analisi la possiamo lasciare alla bonaccia.
ASCOLTARE. Stare lì, vicina, tenerli stretti, e non lasciarli finché l’emozione non si è calmata. (Questo è un bellissimo articolo , in inglese, a proposito)
“Sai mamma, oggi il mio amico è stato molto molto scortese con me : mi ha chiamato cacca e mi ha fatto la linguaccia e mi ha fatto “Tanto io ho questo e tu no, lallallalalla!” ”
“E tu come ti sei sentita quando ti ha detto queste cose?”
“Mi sono sentita molto triste”
“Mi dispiace che ti sei sentita triste. Forse puoi pensare che così, la prossima volta che ti capita di voler prendere in giro qualcuno, ti ricorderai come ti eri sentita oggi e non vorrai far sentire così l’altra persona.”
E siamo rimaste un po’ abbracciate. Non le ho detto nient’altro. (Probabilmente anzi ho detto fin troppo)
“Mamma ora mi sento meglio perché ci sei tu.”
*Le citazioni sono tratte dal libro : “Più felici di così si può“, di Thomas d’Ansembourg; avendo io la versione originale francese, ho fatto io la traduzione.
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Notevoli gli spunti di riflessione. Questo è un argomento veramente delicato, dal unto di vista di un genitore senz’ altro, ma anche da quello di un insegnante. E con almeno la stessa dirompente forza! Più di una volta mi sono resa conto di avere reazioni non adeguate al mio ruolo… Non si finisce mai di imparare: questa è l’ unica certezza che ho!
Già è vero.. ma forse questo è anche quello che rende la vita interessante! Siamo tutti in evoluzione.. e se non ci sentissimo talvolta non adeguati, non avremmo mai la spinta a cercare, a capire.. Anche questo trovo sia un bell’insegnamento per i nostri bambini 🙂 Perché ci vuole coraggio a rimetterci in discussione